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Società Italiana di Medicina di Emergenza e Urgenza Pediatrica

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Società Italiana di Medicina di Emergenza e Urgenza Pediatrica

Chetoacidosi diabetica – Edema cerebrale

Marzo 18, 2013 by adminspml

Tratto da: Rivista di Emergenza e Urgenza Pediatrica, anno 3 n. 1
(Francesco Bellia, Massimo Soffiati)

Abbreviazioni

DKA: Chetoacidosi diabetica
EC: Edema cerebrale
CEDKA: Edema cerebrale da cheto acidosi diabetica

  • L’edema cerebrale (EC) rappresenta la complicanza più temuta associata alla DKA
  • La frequenza riportata in letteratura attorno allo 0,5-1% di tutte le DKA ammesse in ospedale ed una mortalità del 20-30%.
  • Nei pazienti sopravvissuti, esiti legati al danno cerebrale variano a seconda delle popolazioni studiate, con una frequenza variabile del 10-25%.

Fisiopatologia e fattori di rischio

Fisiopatologia e fattori di rischio Probabilmente non esiste un solo meccanismo fisiopatologico e più epifenomeni concorrono a determinare l’EC.

Ipossia-ischemia

  • L’ipovolemia legata alla disidratazione, aggravata dai bassi valori di PaCO2 (conseguenza dell’acidosi metabolica ed iperventilazione) determinano vasocostrizione con conseguente ischemia cerebrale, ipossia e aumentata permeabilità capillare come causa di EC.
  • Diversi autori supportano tale meccanismo, evidenziando che alti livelli di azoto ureico e bassi livelli di CO2 sono stati trovati in pazienti affetti da EC in corso di DKA rispetto a controlli

Stato iperosmolare e fluidi somministrati

  • Come conseguenza dello stato iperosmolare sierico le cellule cerebrali proteggono il loro volume producendo osmoli intracellulari attraverso vie metaboliche che partono principalmente da taurina e mioinositolo.
  • I livelli di tali osmoli si riducono gradualmente nello spazio intracellulare man mano che l’osmolarità sierica si riduce.
  • Una riduzione eccessivamente lenta di tali osmoli rispetto alla riduzione dell’osmolarità sierica legata alla terapia reidratante, favorisce il passaggio di acqua dal compartimento vascolare alle cellule cerebrali.
  • Pertanto idratazioni troppo generose aggraverebbero il rischio di edema cerebrale.
  • Rischi sono legati anche alla terapia con insulina, la quale abbassa i livelli di glicemia (e di conseguenza l’osmolarità sierica) e stimola la ripresa del passaggio di ioni (sodio-­‐idrogeno) attraverso la membrana cellulare.
  • Entrambe queste condizioni possono favorire il passaggio di acqua entro le cellule cerebrali.
  • Molti autori, tuttavia, pongono dubbi sul fatto che tali meccanismi possano spiegare, quantomeno da soli, l’insorgenza dell’EC.

Bicarbonato di sodio

  • La somministrazione di bicarbonato di sodio è per molti considerata pericolosa e non dovrebbe essere usata, con l’unica possibile eccezione di una severa depressione miocardica legata all’acidosi
  • Il rischio legato alla somministrazione di bicarbonato di sodio sembra dipendere dal diminuito rilascio di O2 alle cellule cerebrali secondario allo shift della curva di dissociazione dell’O2 con conseguente ipossia e acidosi paradossa.

Intubazione ed iperventilazione

  • Alcuni autori sostengono che l’intubazione e l’iperventilazione, messe in atto per trattare l’EC sintomatico, rappresentano un fattore di rischio indipendente per un peggiore outcome neurologico.
  • Ciò è probabilmente dovuto ad un danno della barriera emato-­‐encefalica per vasocostrizione ed ischemia, con conseguente edema vasogenico.
  • E’ stato suggerito il rischio che nei pazienti ventilati la ventilazione meccanica determini un rapido incremento dei livelli di PaCO2 rispetto ai valori di partenza (ipocapnia conseguenza dell’iperventilazione spontanea) con effetto negativo sulla circolazione cerebrale.
  • In conclusione, vi è accordo nel sostenere che quando necessaria, la ventilazione meccanica dovrebbe garantire livelli di PaCO2 vicini ai valori iniziali pre-­‐intubazione per evitare livelli troppo alti o troppo bassi di PaCO2.

Diagnosi

  • La diagnosi di EC è soprattutto clinica
  • Il primo segno di EC può essere l’arresto respiratorio e pupille midriatiche e fisse.
  • E’ pertanto importante valutare e rilevare i primi segni e sintomi di un cambiamento
  • clinico del paziente: bradicardia, cefalea, aumento della pressione arteriosa, irrequietezza, sonnolenza.

Muir et al. hanno proposto un utile sistema di criteri diagnostici maggiori e minori
“bedside” per la diagnosi di CEDKA.

Criteri diagnostici

  1. Anomala risposta motoria o verbale al dolore
  2. Postura decorticata o decerebrata
  3. Paralisi nervi cranici (soprattutto III, IV e VI)
  4. Alterazione pattern respiratorio (grunting, tachipnea, respiro di Cheyne-Stokes)
  5. Apnea

Criteri maggiori

  1. Alterazione dello stato di coscienza
  2. Decelerazione della F.C. (>20b/min) non legata a miglioramento dell’emodinamica o riposo
  3. Incontinenza inappropriata per l’età

Criteri minori

  1. Vomito
  2. Cefalea
  3. Stato letargico
  4. Pressione diastolica >90 mmHg
  5. Età <5aa.

Diagnosi differenziale

Nella diagnosi differenziale devono essere considerate altre patologie quali: ipoglicemia, intossicazione da farmaci, infezioni (meningite, encefalite), trombosi, embolia, stroke, infarto cerebrale, idrocefalo ostruttivo, trauma.

Mannitolo

  • 0,5-1 g/kg e.v. (2,5-5 ml/kg della soluzione al 20%), in 20-30 minuti.
  • In seguito può essere continuato alla dose di 0,25 g/kg/h in infusione continua (1,25 ml/kg/h)
    oppure
  • ripetuto in bolo ogni 4-6 ore.
  • Il mannitolo può migliorare l’outcome dei pazienti con EC attraverso una diuresi osmotica ed una diminuzione della viscosità ematica, migliorando così il flusso ematico cerebrale ed il rilascio di O2.

Soluzione salina ipertonica

  • L’uso di soluzione salina ipertonica previene o mitiga l’iponatremia.
  • Rispetto al mannitolo, non si associa alla diuresi osmotica cui è legato il rischio di ipovolemia e di ischemia cerebrale.

Intubazione ed iperventilazione

  • Tali procedure trovano indicazione nella protezione delle vie aeree nel soggetto in stato di coma.
  • Intese nel trattamento dell’EC, si è già discusso precedentemente dei rischi-benefici di tale trattamento.

Monitoraggio della pressione intracranica

  • In letteratura sono riportati alcuni lavori che suggeriscono il monitoraggio invasivo della pressione intracranica in corso di CEDKA.

Prevenzione dell’EC
Fluidi

  • È indicata prudenza nella somministrazione di fluidi, evitando quantità eccessive, somministrazioni troppo rapide e l’uso di soluzioni ipotoniche.
  • L’indicazione a boli di fluidi è rappresentata dall’instabilità emodinamica (tachicardia, refill >2”, estremità fredde, oligo-anuria, ipotensione).
  • Per il calcolo di fluidi da infondere successivamente come mantenimento, considerare un deficit del 5-7% del peso se non è presente shock, del 10-15% del peso in presenza di shock.

Insulina

  • E’ raccomandata la dose di 0,1 U/kg/h o 0,05 U/kg/h nei bambini di età <5 aa.
  • Boli di insulina non sono raccomandati in età pediatrica.
  • Se la glicemia diminuisce ad una velocità <50 mg/dl/h o se la glicemia rimane stabile su valori elevati di partenza nelle prime 2-4 ore, aumentare la dose di 0,15 U/kg/h.
  • Se la glicemia scende a valori <300 mg/dl o se diminuisce ad una velocità >100mg/dl/h, aggiungere glucosio nel rapporto di 4-5 g per unità di insulina.

Alterazioni elettrolitiche

  • Non esiste una relazione sicura tra la caduta della sodiemia e l’insorgenza dell’EC.
  • È comunque indicato l’uso di soluzioni isotoniche (sol. fisiologica 0,9%) per i boli di fluidi e come terapia iniziale per correggere il deficit di fluidi fino a normalizzazione di valori di sodio.

Vedi anche
DIABETE CHETOACIDOSI – Clinica
DIABETE CHETOACIDOSI – Trattamento

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